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Questa pagina contiene le voci del codice della sezione Il mondo del Thedas di Dragon Age: The Veilguard.

Le Anderfel

Articolo principale: Voce del Codice: Le Anderfel

Le Anderfel sono una terra di incredibili estremi. Sono il luogo più desolato del mondo, poiché due Flagelli hanno privato queste steppe di ogni vita, al punto che nemmeno i cadaveri riescono a marcire qui: nessun insetto o larva è in grado di raggiungerli.

È una terra ricca di meraviglie, come il Mer'deine, con la sua gigantesca statua bianca della Nostra Signora incisa nel suo volto, con la mani allungate mentre regge una fiamma perpetua, o la Fortezza di Weisshaupt, con le sue pareti di roccia vivente che torreggiano sulle desolate pianure sottostanti.

Anche gli Ander sono gente fatta di estremi: i sacerdoti più devoti e i soldati più letali, la nazione più povera e più temuta al mondo.

—Tratto da Alla ricerca del sapere: i viaggi di uno studioso della Chiesa, di Fratello Genitivi

Andraste: Sposa del Creatore

Articolo principale: Voce del Codice: Andraste: Sposa del Creatore

Esisteva un tempo un piccolo villaggio di pescatori sulle sponde del Mare del Risveglio che fu attaccato dall'Impero Tevinter, il quale schiavizzò gli abitanti per venderli nei mercati di Minrathous, lasciando indietro solo i vecchi e gli infermi. Una delle prigioniere era la bambina Andraste.

Crebbe schiava in una terra straniera. Fuggì e da sola compì un periglioso ritorno alla sua terra natale. Nonostante la sua povertà, diventò la moglie di un signore della guerra Alamarri.

Ogni giorno intonava canti agli dei, chiedendo il loro aiuto per la sua gente rimasta schiava nel Tevinter. I falsi dei della montagna e del vento non le risposero, ma il vero dio sì.

Il Creatore le parlò. Le mostrò tutte le opere della Sua mano: l'Oblio, il mondo e tutte le creature che conteneva. Le mostrò come l'uomo Lo aveva dimenticato, adorando falsi idoli e demoni, e di come Lui lo aveva lasciato al proprio destino. Ma la sua voce Lo aveva raggiunto e colpito a tal punto che Lui le offrì un posto al Suo fianco, affinché lei potesse dominare tutto il creato.

Ma Andraste non era disposta ad abbandonare la sua gente.

Supplicò il Creatore di tornare, di salvare i Suoi figli dalla crudeltà dell'Impero. Con riluttanza, il Creatore accettò di dare all'uomo un'altra possibilità.

Andraste tornò da suo marito, Maferath, e gli riferì quanto il Creatore le aveva rivelato. Insieme, radunarono gli Alamarri e marciarono contro i signori-maghi dell'Impero, e il Creatore era con loro.

La spada del Creatore era fatta del creato stesso: fuoco e inondazione, carestia e terremoto. Ovunque andassero, Andraste cantava alla gente del Creatore, e loro la ascoltavano. I ranghi dei suoi seguaci crebbero fino a divenire una grande ondata che si riversò sull'Impero. E quando Maferath vide che la gente amava Andraste e non lui, un seme cattivo gli crebbe in cuore, divorandolo.

Infine, gli eserciti di Andraste e Maferath si trovarono innanzi ai cancelli di Minrathous, ma Andraste non era con loro, poiché Maferath aveva pianificato in segreto di cedere Andraste al Tevinter.

In cambio, l'arconte avrebbe concesso a Maferath tutte le terre a sud del Mare del Risveglio.

E così, davanti agli eserciti degli Alamarri e del Tevinter, Andraste fu legata a un palo e arsa viva, mentre il suo marito terreno teneva a freno i propri eserciti senza fare nulla, poiché il suo cuore era ormai stato divorato dall'invidia. Ma mentre guardava la pira, l'arconte provò compassione di Andraste, estrasse la spada e le concesse la grazia di una morte rapida.

Il Creatore pianse per la Sua amata, maledisse Maferath, maledisse tutta l'umanità per quel tradimento e si allontanò di nuovo dal creato, portando con sé solo Andraste. E la nostra Signora siede ancora al Suo fianco, dove ancora Gli chiede di avere pietà dei Suoi figli.

—Tratto da "I sermoni di Justinia II"

Antiva

Articolo principale: Voce del Codice: Antiva

Nel resto del mondo civilizzato, è credenza comune che Antiva non abbia alcun re. Vi assicuro, gentili lettori, che questo non è vero. La linea dei re di Antiva non viene interrotta da duemila e cinquecento anni: è solo che nessuno vi fa caso.

La nazione è in verità governata da un gruppo di principi mercanti. Non sono principi nel senso letterale, ma sono a capo di banche, di compagnie di commercio e vigneti. Il potere è conferito loro strettamente dalla ricchezza.

Ma Antiva non è rinomata in primo luogo per la sua peculiare forma di governo, né per le sue ineguagliabili vigne. Antiva è nota per la Casata dei Corvi. Poiché gli abitanti di Antiva sono celebri per essere bravi in tutto tranne che nei combattimenti, è più che ironico che proprio ad Antiva siano gli assassini più letali del mondo. La loro fama è tale che la nazione non necessita di eserciti: nessun re è disposto a ordinare alle proprie truppe di attaccare i confini di questa nazione, e nessun generale è tanto pazzo da guidare una simile invasione. Probabilmente l'attacco avrebbe successo, ma i suoi condottieri non vedrebbero un altro giorno.

—Tratto da Alla ricerca del sapere: i viaggi di uno studioso della Chiesa, di Fratello Genitivi.

Arlathan: prima parte

Articolo principale: Voce del Codice: Arlathan: prima parte

Prima che le ere avessero un nome o una numerazione, la nostra gente era gloriosa, eterna e immutabile. Come la grande quercia, era costante nelle tradizioni, forte nelle radici e aspirava continuamente a raggiungere il cielo.

La vita era eterna, quindi non provava alcun senso di fretta. Adorava gli dei per alcuni mesi alla volta. Le decisioni venivano prese dopo decenni di dibattito, e una presentazione poteva durare anche degli anni. Di tanto in tanto, i nostri antenati cadevano in un sonno che durava secoli, ma non era come morire, poiché sappiamo che, nei sogni, vagavano per l'Oblio.

In quelle ere, la nostra gente chiamava tutta la terra Elvhenan, che nella nostra lingua significa "luogo della nostra gente". E al centro del mondo sorgeva la grande città di Arlathan, un luogo di conoscenza e discussione, dove i migliori tra gli antichi elfi andavano per condividere il loro sapere, salutare i vecchi amici e risolvere discussioni che andavano avanti da millenni.

Ma mentre i nostri antenati erano bloccati nell'eterno circolo delle Ere, a condurre un'esistenza il cui passo oggi riterremmo intollerabile, il mondo esterno, le rigogliose foreste e gli antichi alberi stavano mutando.

Gli umani arrivarono inizialmente da Par Vollen, al nord. Chiamati sh'amlen, o "i rapidi", dagli antichi, gli umani erano creature pietose le cui vite si esaurivano in un istante. Quando incontrarono gli elfi per la prima volta, gli umani erano sfacciati e bellicosi, lesti all'ira e alla lotta, senza pazienza per i lenti tempi della diplomazia elfica.

Ma gli umani portarono con sé cose peggiori della guerra. I nostri antenati erano indifesi davanti alle malattie degli umani e, per la prima volta nella storia, gli elfi morirono per cause naturali. Inoltre, quegli elfi che avevano trascorso del tempo a barattare e a negoziare con gli umani invecchiarono, corrotti dalle loro vite impazienti. Molti credevano che gli antichi dei li avessero giudicati indegni delle loro lunghe vite e li avessero abbassati al livello dei rapidi. I nostri antenati presero a considerare gli umani dei parassiti, ovvero come gli umani delle città considerano la nostra gente. Gli elfi antichi si trasferirono immediatamente nei pressi di Elvhenan, lontano dagli umani, temendo che questo effetto di invecchiamento avrebbe mandato in rovina la loro civiltà.

—"La caduta di Arlathan" narrato da Gisharel, guardiano del clan Ralaferin degli elfi dalish.


Arlathan: seconda parte

Articolo principale: Voce del Codice: Arlathan: seconda parte

Cos'è successo ad Arlathan, chiedete? Purtroppo, non lo sappiamo. Anche quelli che tra noi custodiscono gli antichi saperi non possiedono resoconti di quanto è accaduto. Ciò di cui disponiamo sono resoconti dei giorni precedenti alla caduta, e una leggenda sui capricci degli dei.

Il mondo degli umani mutava mentre gli elfi dormivano. I clan e le tribù cedettero il passo a un potente impero chiamato Tevinter, che, anche se non ne sappiamo il motivo, si mosse per conquistare Elvhenan. Quando l'Impero fece breccia nella grande città di Arlathan, la nostra gente, temendo la malattia e la perdita dell'immortalità, scelse di fuggire piuttosto che combattere. Con la magia, i demoni e persino dei draghi al loro servizio, l'Impero Tevinter marciò facilmente attraverso Arlathan, distruggendo case, gallerie, anfiteatri che si ergevano da secoli. La nostra gente fu schiavizzata, e il contatto umano accelerò il nostro sangue finché ogni elfo catturato divenne mortale. Gli elfi invocarono i loro antichi dei, ma questi non risposero.

Sul perché del loro silenzio, la nostra gente ha solo una leggenda. Dicono che Fen'Harel, il Temibile Lupo e Signore degli Inganni, andò dagli antichi dei del bene e del male e propose loro una tregua. Gli dei del bene se ne sarebbero andati nei cieli e i signori del male si sarebbero confinati nell'abisso, e nessuno dei due gruppi sarebbe più tornato nelle terre dell'altro. Ma gli dei non sapevano che Fen'Harel aveva intenzione di tradirli, e quando compresero l'inganno del Temibile Lupo erano già sigillati nei rispettivi reami, senza poter mai più interagire con il mondo dei mortali. Sicuramente è solo una leggenda, ma gli elfi che vanno nell'Aldilà sostengono che Fen'Harel vaghi ancora nel mondo dei sogni, vegliando sugli dei affinché non fuggano dalle loro prigioni.

Comunque sia, Arlathan era caduta per mano di quegli umani che un tempo la nostra gente aveva considerato semplici insetti. Si dice che i magister del Tevinter abbiano usato il loro potere distruttivo per costringere il terreno a inghiottire tutta Arlathan, distruggendo eoni di conoscenza, cultura e arte. Tutta la sapienza elfica era ora appannaggio della memoria soltanto.

—"La caduta di Arlathan" narrato da Gisharel, guardiano del clan Ralaferin degli elfi dalish.


Oltre il Velo: Spiriti e Demoni

Articolo principale: Voce del Codice: Oltre il Velo: Spiriti e Demoni

È abbastanza difficile per un osservatore distratto scoprire la differenza fra l'Oblio e le creature che ci vivono, per non parlare di quella fra i vari tipi di spiriti. In verità, ci sono ben pochi accorgimenti per distinguerli, anche per i maghi più scaltri. Dato che gli spiriti non sono entità fisiche, e dunque non limitati a forme riconoscibili (ammesso che abbiano una forma), non si può mai dire con certezza ciò che è vivo e ciò che fa semplicemente parte dello scenario (si consiglia dunque al ricercatore inesperto di portare rispetto a tutti gli oggetti che incontra).

Di solito, usiamo impropriamente il termine "spirito" per riferirci esclusivamente alle creature benigne, o, per lo meno, a quelle meno cattive dell'Oblio, ma in realtà tutti gli abitanti del reame oltre il Velo sono spiriti. Come fa notare il Canto della Luce, tutto ciò che si trova all'interno dell'Oblio è un'imitazione del nostro mondo (tra l'altro, di pessima fattura, dal momento che gli spiriti non comprendono minimamente ciò che stanno copiando. Non sorprende dunque che gran parte dell'Oblio appaia come un manoscritto tradotto dalla lingua tevinter in orlesiano e viceversa da iniziati ubriachi).

In generale, gli spiriti non sono complicati. Almeno non come li conosciamo noi. Ciascuno di essi sfrutta un singolo aspetto dell'esperienza umana: rabbia, fame, compassione, speranza, e così via, che diventa anche la loro identità. Noi classifichiamo come demoni quegli spiriti che si identificano con le emozioni e le idee umane più oscure.

La forma più comune e debole di demone che si incontra nell'Oblio è il demone dell'ira. Essi somigliano a delle pentole in costante ebollizione, perché esistono solo per spargere odio, il più delle volte senza avere un bersaglio ben preciso. Leggermente sopra di loro si trovano i demoni della fame, che fanno ben poco oltre che mangiare tutto ciò che incontrano, inclusi altri demoni (quest'ultimo caso si verifica raramente con successo). Poi ci sono i demoni della pigrizia. Si tratta delle prime creature intelligenti che si incontrano di solito nell'Oblio. Sono pericolosi solo nelle rare occasione in cui agiscono per fare danni. I demoni del desiderio sono più astuti e molto più potenti. Utilizzano ogni forma di corruzione per attirare i mortali nei loro reami: ricchezza, amore, vendetta, qualunque cosa si trovi più vicina ai loro cuori. I demoni più potenti incontrati finora sono i demoni dell'orgoglio, forse perché, più di ogni altra specie, la maggior parte di essi somiglia agli uomini.

—Tratto da Oltre il Velo: Spiriti e Demoni, dell'Incantatore Mirdromel.

I Corvi e la Regina Madrigal

Articolo principale: Voce del Codice: I Corvi e la Regina Madrigal

Il primo Corvo si è rifiutato di parlare, anche quando gli abbiamo messo dei tizzoni ardenti sotto i piedi e strappato la pelle dal volto e dalle mani con un coltellino. Ha preferito staccarsi la lingua a morsi e morire soffocato dal suo stesso sangue.

Il secondo detenuto ha ripetuto ciò che già sapevamo, ovvero che la Regina Madrigal era andata a caccia e non aveva partecipato alle festività serali. Il suo cadavere è stato ritrovato con quattro spade d'acciaio conficcate nel petto. Gli ho chiesto se sapesse qualcosa riguardo al fatto che una delle quattro lame fosse una replica della Spada della Misericordia di Hessarian. Lui non ne sapeva nulla, o almeno questo è quanto ha sostenuto. Poi è morto alla ruota, sogghignando.

Il terzo Corvo ha capito che non sarebbe mai uscito vivo dalle segrete. A quanto pare sperava che irritando Mastro Fiore avrebbe goduto perlomeno di una morte rapida. Il Corvo ha messo a dura prova la nostra pazienza con parole ingiuriose, mentre Mastro Fiore cercava di svolgere il proprio lavoro. A un certo punto ha fatto un commento, che non intendo ripetere in questa sede, riguardo alla madre di Fiore. Ho ammirato la sua capacità di mantenere un eloquio coerente, e perfino un pizzico di sarcasmo, pur in quelle condizioni estreme.

Durante i suoi sproloqui, il terzo Corvo ha messo in evidenza un punto importante. La sua gilda ha una reputazione da difendere. Sono assassini spietati, efficienti, discreti. Come potrebbero mantenere questa fama se bastasse un sistema "banale" come la tortura per ottenere i nomi dei loro mandanti?

Questa considerazione mi ha indotto a interrompere la procedura. Dopo aver riflettuto a fondo, ho pugnalato il Corvo al cuore e ho ordinato di liberare il quarto e il quinto detenuto. Impossibile estorcere una confessione inducendo dolore. Occorre cambiare strategia.

—Un rapporto del Capitano Aristide, a capo delle indagini sull'assassinio della Regina Madrigal di Antiva

Elfi dalish

Articolo principale: Voce del Codice: Elfi dalish

Descrizione del codice in Dragon Age II (oppure) Se il Custode/Inquisitore è un Elfo Dalish...
Col tempo, gli imperi umani crolleranno. L'abbiamo già visto succedere innumerevoli volte. Fino ad allora noi attendiamo, ci teniamo nelle terre selvagge di confine, alleviamo gli halla e costruiamo gli aravel, in modo da costituire un bersaglio mobile per gli umani che ci circondano. Cerchiamo di conservare le antiche tradizioni, di apprendere di nuovo ciò che è stato dimenticato.

Evochiamo gli antichi dei, anche se loro non ci rispondono e non ci sentono da ancor prima della caduta di Arlathan, affinché un giorno possano ricordarsi di noi: Elgar'nan il Più Anziano del Sole e Colui che Spodestò suo Padre, Mythal la Protettrice, Fen'Harel il Temibile Lupo, Andruil la Cacciatrice, Falon'Din l'Amico dei Defunti, Dirthamen il Guardiano dei Segreti, Ghilan'nain la Madre degli Halla, June il Signore delle Arti, e Sylaise la Guardiana del Focolare.

Ci raduniamo ogni dieci anni per l'Arlathvenn, per raccontarci di nuovo le storie antiche e mantenerle in vita. Poiché quando i regni umani non ci saranno più, dobbiamo essere pronti a insegnare agli altri cosa significa essere elfi.

—Come narrato da Gisharel, guardiano del clan Ralaferin degli elfi dalish.


Descrizione del codice in Dragon Age The: Veilguard (oppure) Se il Custode/Inquisitore non è un Elfo Dalish...
Presi la strada che da Val Royeaux andava a nord verso Nevarra, insieme a una carovana di mercanti. Circa due giorni dopo aver superato il confine di Orlais fummo attaccati dai banditi. Ci colpirono senza alcun preavviso dagli alberi, tempestando i nostri carri con frecce e uccidendo all'istante gran parte delle guardie della carovana. I pochi che sopravvissero alla tempesta di frecce estrassero le spade e caricarono i nostri avversari nel fitto degli alberi. Sentimmo delle urla attutite provenire dalla foresta, poi non vedemmo più quegli uomini.

Dopo un lungo silenzio, comparvero i banditi. Elfi coperti di tatuaggi e vestiti di pelli, si presero tutte le scorte e gli oggetti di valore che potevano trasportare, dopodiché scomparvero di nuovo tra gli alberi.

Questi, fui informato in seguito, erano i dalish, gli elfi selvaggi che vivono nelle terre selvagge ai confini delle zone civilizzate, attaccando i viaggiatori e le fattorie isolate. Questi elfi selvaggi hanno ripreso ad adorare falsi dei e si dice che pratichino una loro forma di magia, rifiutando ogni tipo di società umana.

—Tratto da "Alla ricerca del sapere: i viaggi di uno studioso della Chiesa", di Fratello Genitivi.


Le Vie Profonde

Articolo principale: Voce del Codice: Le Vie Profonde

Non esiste un nano vivo che si ricordi di come fossero un tempo le Vie Profonde. Erano una rete di gallerie che univano fra loro i thaig. In realtà, il termine più adatto per Vie Profonde sarebbe "opere d'arte" poiché vi sono voluti secoli di progettazione, come dimostra la geometria delle loro pareti, con le statue dei Campioni che sorvegliano i viandanti e il fiume di lava che scalda e illumina. Gli osservanuvole della superficie parlano della Gran Via Imperiale costruita dai magister del passato, un passaggio rialzato che attraversava migliaia di miglia, qualcosa che si sarebbe potuto costruire solo con la magia. Forse è paragonabile alle Vie Profonde, anche se noi nani non abbiamo avuto bisogno della magia.

Immagino però che tutto questo ormai non conti più nulla. Ora i prole oscura regnano sulle Vie Profonde. Quando Orzammar ha chiuso le strade d'accesso alle Vie Profonde, abbandonando tutto ciò che vi si trovava, abbiamo ceduto per sempre il regno d'un tempo a quei bastardi oscuri. Il pensiero che ora i genlock strisciano per Bownammar, facendo a pezzi le nostre statue e insozzando le nostre più grandi opere d'arte mi mette i brividi! Tutto ciò che avevamo costruito lì è stato ricoperto dalla corruzione. Ogni nano che visita quel posto e torna indietro afferma che le cose peggiorano di anno in anno, che la corruzione continua a diffondersi lentamente.

E dire che gli osservanuvole credono che i prole oscura siano stati sconfitti solo perché non ne vedono tracce in superficie. Un giorno, quando Orzammar sarà persa per sempre, scopriranno come stanno veramente le cose. I prole oscura non avranno altro luogo dove andare se non in superficie, ed è lì che si dirigeranno, dando inizio a un Flagello destinato a non finire mai.

—Trascrizione di un dialogo con un membro della casta nanica dei minatori, 8:90 Era Benedetta.


L'Oblio

Articolo principale: Voce del Codice: L'Oblio
Vedi anche: L'Oblio

Lo studio dell'Oblio è antico quanto il genere umano. Per molto tempo abbiamo percorso i suoi sentieri contorti, a volte intravedendo di sfuggita la città posta al centro. Esso ci appare vicino come i nostri pensieri, ma oltremodo separato dal nostro mondo.

Una volta l'Impero Tevinter ha speso ingenti somme in oro, lyrium e schiavi umani allo scopo di realizzare una mappa dell'Oblio, ma si è rivelato uno sforzo inutile. Anche se porzioni di esso appartengono a potenti spiriti, tutto l'Oblio è in continuo mutamento. L'Impero è riuscito a trovare i diversi reami, che mutano continuamente, di decine di signori dei demoni, oltre a catalogare alcune centinaia di tipi di spiriti, prima di essere costretto ad abbandonare il progetto.

Il rapporto dei Sognatori con l'Oblio è complicato. Anche quando entrano nell'Oblio usilizzando il lyrium, i mortali non sono in grado di controllarlo, né di modificarlo. Gli spiriti che ci vivono, però, possono farlo, ma come ci insegna la Chiesa, il loro più grande difetto è non avere né immaginazione né ambizioni. Essi creano ciò che vedono attraverso i loro visitatori addormentati, costruiscono copie elaborate delle nostre città, popoli ed eventi, che, come i riflessi di uno specchio, mancano di un contesto o di una vita propria. Anche i demoni più potenti si limitano a plagiare i pensieri e le paure peggiori dei mortali e costruiscono i loro reami senza altre ambizioni che assaggiare la vita.

—Tratto da "La Calma e il ruolo dell'Oblio nella cultura umana", del Primo Incantatore Josephus.

Fen'Harel: il Temibile Lupo

Articolo principale: Voce del Codice: Fen'Harel, il Temibile Lupo

Sappiamo molto poco di Fen'Harel, poiché si dice che lui non si curasse della nostra gente. Elgar'nan e Mythal crearono il mondo che conosciamo, Andruil ci insegnò le Vie del Cacciatore, Sylaise e June ci donarono il fuoco e l'artigianato, ma Fen'Harel si tenne in disparte e pianificò il tradimento di tutti gli dei. E si dice che dopo la distruzione di Arlathan, quando gli dei non potevano più udire le nostre preghiere, Fen'Harel trascorse secoli e secoli in un angolo remoto della terra, ridacchiando e gioendo come un folle.

Le leggende raccontano che, prima della caduta di Arlathan gli dei che conosciamo e adoriamo combatterono una guerra interminabile con i loro pari[1]. Non un solo Hahren tra noi ricorda questi altri: solo nei sogni udiamo i nomi sussurrati di Geldauran e Daern'thal e Anaris, poiché essi sono i Dimenticati, divinità del terrore e della malvagità, della vendetta e della pestilenza. Nei tempi antichi, solo Fen'Harel poteva camminare senza paura tra gli dei e i Dimenticati, poiché anche se egli è simile agli dei del Popolo, i Dimenticati conoscevano la sua astuzia e lo vedevano come uno di loro.

E fu così che Fen'Harel li ingannò. I nostri dei lo vedevano come un fratello e si fidavano di lui quando disse che dovevano restare in cielo mentre lui organizzava una tregua. E anche i Dimenticati si fidavano di lui quando disse loro che avrebbe preparato la sconfitta dei nostri dei, se solo i Dimenticati fossero tornati nell'abisso per un periodo di tempo. Si fidarono tutti di Fen'Harel e tutti furono traditi. E Fen'Harel li sigillò lontano, in modo che non potessero più camminare in mezzo al Popolo.

Da[2] "Il racconto del trionfo di Fen'Harel", come narrato da Gisharel, guardiano del clan Ralaferin degli elfi dalish.

Civiltà fereldiana

Articolo principale: Voce del Codice: Cultura del Ferelden

Gli abitanti del Ferelden sono un enigma. Come popolo, sono a un passo dalla barbarie. Respinsero l'invasione dell'Impero Tevinter quando questo era al suo apice e solo grazie ai loro cani e al loro carattere ostinato. Sono il popolo grezzo, caparbio e disorganizzato che in qualche modo diede i natali alla nostra Profetessa, ci introdusse a un'era di illuminazione e rovesciò il più grande impero della storia.

Ci sono poche certezze quando si ha a che fare con questa gente: innanzitutto, mette la lealtà sopra ogni altra cosa, sopra la ricchezza, il potere e la ragione. In secondo luogo, anche se non vi è nulla degno di nota in tutto il paese, è estremamente fiera delle proprie imprese. In terzo luogo, se insultate i cani, probabilmente vi dichiarerà guerra. E infine, il modo migliore per sottovalutare gli abitanti del Ferelden è pensare di averli capiti.

—Imperatrice Celene I di Orlais, in una lettera inviata all'appena nominato ambasciatore a Denerim


I Custodi Grigi

Articolo principale: Voce del Codice: I Custodi Grigi

Il primo Flagello durava già 90 anni. Il caos regnava nel mondo. Un dio corrotto era stato risvegliato. Gli dei rimasti del Tevinter rimasero in silenzio, da parte. I documenti che abbiamo recuperato risalenti a quel periodo sono pieni di disperazione, perché tutti, dagli arconti fino al più umile degli schiavi, credevano che il mondo stesse per finire.

Presso la fortezza di Weisshaupt, nelle desolate Anderfel, si tenne un incontro. I soldati dell'Impero, veterani di mille battaglie che non avevano conosciuto altro nella loro vita che una guerra senza speranze, si riunirono. Quando lasciarono Weisshaupt, avevano rinunciato ai loro giuramenti verso l'Impero. Non erano più soldati: erano diventati Custodi Grigi.

I Custodi cominciarono una campagna aggressiva contro il Flagello, attaccando la Prole Oscura e riprendendosi le terre date per perse. Il Flagello era lontano dall'essere sconfitto, ma le loro vittorie fecero notizia, e presto essi ricevettero l'aiuto da parte di ogni nazione del Thedas.

Il loro numero e la loro reputazione crebbe. Finalmente, nell'anno 992 dell'Impero Tevinter, essi affrontarono in battaglia l'arcidemone Dumat presso le Pianure Silenti. Un terzo di tutti gli eserciti del Thedas settentrionale morì nello scontro, ma Dumat fu sconfitto e i prole oscura ricacciati sottoterra.

Anche questa, però, non fu la fine.

Una volta l'Impero venerava sette dei: Dumat, Zazikel, Toth, Andorhal, Razikale, Lusacan e Urthemiel. Quattro sono risorti come arcidemoni. I Custodi Grigi hanno tenuto alta la guardia per secoli, consapevoli che la pace è fuggevole e che la loro guerra continua finché l'ultimo degli dei draghi non sarà stato sconfitto.

—Tratto da "Ferelden: folklore e storia", di Sorella Petrine, studiosa della Chiesa.

Grandiosi bastardi

Articolo principale: Voce del Codice: Grandiosi bastardi

Ricordo il penultimo esemplare. Restai ad almeno venti metri di distanza, il doppio dell'apertura alare. Così avrei fatto in tempo a fuggire, anche se la bestia era troppo debole per rappresentare un serio pericolo. Comunque mi sembrava giusto restare in disparte e lasciare che se ne occupasse l'addestratore. Morì di fame. Una fine immeritata che non ero abituato a vedere.

Oh, erano grandiosi. Meravigliosi bastardi, e lo sapevano. Basta chiedere a qualsiasi Custode a cui venne fatto il culo per non averli trattati con i guanti. Tra bestia e addestratore si creava un legame speciale dove una parte sapeva esattamente cosa voleva l'altra. I grifoni volevano attenzione. Un desiderio più che lecito, con quello che dovevano sopportare. Nella fattispecie, portare in sella un comandante dei Custodi armato di tutto punto e scagliarsi contro un arcidemone! Non era cosa da poco! Una volta tornati a terra, sapevano di meritarsi un trattamento degno di un sovrano. Se ti azzardavi a tagliare corto e lavarli con un getto d'acqua, si offendevano e scatenavano un putiferio. Strofinare delicatamente dieci dannati metri di piume, una per una, non era affatto semplice, ma era l'unico modo per non fare incazzare la bestia, che altrimenti al prossimo volo ti avrebbe mandato a sbattere contro una quercia. Magari dopo averti "accarezzato" l'elmo al punto da ammaccarlo. Ma se il grifone era soddisfatto, con gli artigli ben spuntati, niente e nessuno poteva tenergli testa. Quando piombavi dal cielo sul dorso di questi animali, ti sembrava di avere in pugno l'intero Thedas.

Comunque sì, ricordo il penultimo esemplare. I maghi lo tagliuzzarono un po', com'era loro abitudine, poi bruciammo la carcassa. E mi ubriacai.

L'ultimo esemplare? Non me lo ricordo. Non insistere.

—Ricordi di un Custode Grigio anonimo relativi all'estinzione di una specie preziosa, trafugati dai registri di Weisshaupt e resi pubblici da Philliam, il Bardo!

La Chiesa Imperiale

Articolo principale: Voce del Codice: La Chiesa Imperiale

Alcuni sostengono che la Chiesa è identica in ogni luogo, che la Divina di Val Royeaux regna suprema agli occhi del Creatore e che questo fatto è indiscusso in tutto il Thedas.

Non credete loro.

Il secondo comandamento del Creatore, "La magia deve servire l'uomo, non dominarlo", non ha mai avuto lo stesso significato nell'antico Impero Tevinter e in un altro luogo. Lì la Chiesa interpretava tale regola come se i maghi non dovessero mai prendere il controllo delle menti degli altri uomini, e che altrimenti la loro magia dovrebbe andare a vantaggio dei dominatori degli uomini. Quando i chierici del Tevinter modificarono il Canto della Luce per riflettere questa interpretazione del comandamento, la Divina di Val Royeaux ordinò ai clerici di tornare al Canto originale. Questi si rifiutarono, e sostennero che Val Royeaux era corrotta. La discussione proseguì fino a che, nell'Era dell Torri, 4:87, la Chiesa del Tevinter elesse il proprio "legittimo e incorrotto" Divino Valhail, maschio e fra i membri più prominenti del Circolo dei Magi di Tevinter. Questo "Nero Divino" fu vituperato fuori da Tevinter, e la sua esistenza era considerata un'offesa alla Chiesa di Val Royeaux.

Dopo quattro Marce Sacre finalizzate alla rimozione di questi ribelli, tutto ciò che la Chiesa di Val Royeaux fu un peggioramento della divisione. Benché la maggior parte degli insegnamenti della Chiesa Imperiale siano gli stessi, i divieti contro la magia sono stati ridotti, e i sacerdoti maschi sono diventati la maggioranza. Oggi il Circolo dei Magi governa direttamente Tevinter, fin da quando l'Arconte Nomaran venne eletto in data 7:34 Era della Tempesta[3], direttamente dagli incantatori, con grande lode del pubblico. Si sbarazzò delle vecchie regole che proibivano ai maghi di prendere parte alla vita politica e nel giro di un'era[4] i veri governatori delle varie casate imperiali, cioè i maghi, presero posto al governo. Il Divino imperiale viene eletto dai ranghi dei primi incantatori e opera sia come Divino che come Grande Incantatore.

Questo appare come un'eresia per qualunque membro della Chiesa fuori dal Tevinter, un ritorno ai giorni dei magister, che portarono il Flagello. Ma è così, e anche se abbiamo lasciato l'Impero Tevinter alla mercé dei temibili qunari, loro resistono ancora. Un ulteriore scontro tra il Nero Divino e la nostra cosiddetta "Bianca Divina" è inevitabile.

—Tratto da Gli editti del Nero Divino, di Padre David di Qarinus, 8:11 Era Benedetta.

Lyrium

Articolo principale: Voce del Codice: Lyrium

Il lyrium è il re dei minerali. Nella sua forma grezza, emette una melodia. Se opportunamente raffinato, diventa un liquido argenteo, uniforme e leggermente iridescente. Nelle capaci mani dei nani della casta dei fabbri, viene mescolato all'acciaio per produrre armature indistruttibili e lame che mantengono il filo per secoli. Nelle mani del Modellatorio, diventa un deposito di ricordi viventi. Diversi studiosi ritengono che il lyrium stesso sia vivo.

Ma è nelle mani dei Formari che il lyrium trova la sua applicazione più produttiva: se combinato con metalli quali oro, silverite, veridium o addirittura ferro, serve a creare incantamenti. Sebbene i maghi lo consumino diluito al fine di rafforzare le proprie capacità, non è mai consigliabile farlo. Un utilizzo smodato di lyrium può avere conseguenze disastrose, soprattutto in dosaggi concentrati. Ad esempio, si raccomanda ai lettori di non maneggiare il lyrium grezzo, poiché il semplice contatto diretto può rivelarsi fatale.

—Tratto da "Nozioni alchemiche di metallurgia: volume I" di messer Cerastes di Marnas Pell

Il Magisterium

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Fuori dai confini dell'Impero Tevinter è diffuso un falso preconcetto secondo cui un "magister" sia semplicemente un mago, e che il mero fatto di essere un mago sia tutto ciò che occorra per appartenere alla classe dominante. Un luogo comune che alcuni maghi del Tevinter hanno aiutato a consolidare spacciandosi per magister, fuori dai confini nazionali, per godere di una migliore reputazione. In realtà, un magister deve possedere un seggio al Magisterium, la camera alta del Senato Imperiale, per essere considerato tale. Il Magisterium è l'organo istituzionale che legifera e nomina il nuovo Arconte, in assenza di eredi designati. La camera bassa del Senato Imperiale, il Publicanium, è formato da rappresentanti eletti, ma è privo di poteri concreti e viene considerato un organo burocratico.

I magister provengono dal Circolo dei Magi e della Chiesa Imperiale, e in molti hanno diritto a un seggio solo perché questo è stato donato da un Arconte alla loro casata. Non devono essere necessariamente maghi. Anzi, in gran parte non lo erano affatto, dopo la Trasfigurazione che vide il Tevinter abbandonare gli Antichi Dei per convertirsi ad Andraste. A partire dall'Era delle Torri, tuttavia, i non maghi del Magisterium furono sempre meno. I veri magister sono figure di grande potere e prestigio nel Tevinter. Tutti gli altri maghi si piegano al loro volere, e quelli di basso lignaggio non godono di alcuna influenza oltre a quella che guadagnano con le proprie ricchezze o abilità personali.

—Da L'antico nord, di Sorella Petrine, studiosa della Chiesa

Il Creatore

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Non esistevano parole
Per definire il cielo, la terra o il mare.
Tutto ciò che esisteva era il silenzio.
Poi la voce del Creatore pronunciò
La prima Parola
E la Sua parola divenne tutto ciò che poteva essere:
Sogno e idea, speranza e paura,
Infinite possibilità.
E da essa nacquero i primogeniti.
Ed egli disse a loro:
A Mia immagine io creo voi,
Per darvi il dominio
Su tutto quello che esiste.
Per la vostra volontà
Possa ogni cosa essere fatta.

Poi, al centro del cielo,
Egli generò
Una città con torri dorate,
Strade lastricate di musica,
E stendardi che ondeggiavano anche senza vento.
Lì, egli dimorò, aspettando
Di vedere le meraviglie
Che i Suoi figli avrebbero creato.

I figli del Creatore si riunirono
Innanzi al Suo trono dorato
E intonarono inni di lode infiniti.
Ma il loro canto
Era il canto dei ciottoli.
Brillavano di una luce dorata
Riflessa dal trono del Creatore.
Reggevano gli stendardi
Che volavano da soli.

E la voce del Creatore scosse l'Oblio
E disse: a Mia immagine modellato
I Miei primogeniti.. Vi è stato dato il dominio
Su tutto ciò che esiste. Per la vostra volontà
Tutte le cose sono fatte.
Eppure voi non fate nulla.
Il regno che vi ho donato
Non ha forma, in continua mutazione.
Ed Egli sapeva di aver commesso un errore.
Così il Creatore ripudiò i suoi primogeniti.
E dall'Oblio
Prese una parte della Sua carne vivente
E la allontanò dagli spiriti, e a essa parlò dicendo:
Qui, Io dichiaro
L'opposto di ogni cosa:
Per la terra, il cielo
Per l'inverno, l'estate
Per le tenebre, la luce.
Per la Mia volontà l'equilibrio è spezzato
E al mondo sia data nuova vita.

E il mondo non era più senza forma, mutevole,
Ma immobile e immutabile
Con parole per il cielo e la terra e il mare.
E alla fine dal mondo dei viventi
Il Creatore
Generò l'uomo. Immutabile, come la sostanza della terra,
Con un'anima fatta di sogno e di idea, di speranza e paura,
Di possibilità infinite.

Poi il Creatore disse:
A voi, Miei secondogeniti, concedo questo dono:
Nel vostro cuore arderà
Una fiamma inestinguibile
Divorante e mai sazia.
Dall'Oblio vi ho Creati,
E all'Oblio ritornerete
Ogni notte nei sogni
Affinché possiate per sempre ricordarmi.

Poi il Creatore sigillò i cancelli
Della Città Dorata
E lì Egli dimorò, in attesa
Di vedere le meraviglie
Che i Suoi figli avrebbero creato.

—Tratto da Trenodie 5:1-8.

Nevarra

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Vedi anche: Nevarra

Dopo essere stato fermato dai cadetti per la quarta volta, nel tentativo di attraversare il confine da Orlais a Nevarra, ho deciso di fare un giro più largo, imbarcandomi su una nave per il Ferelden e poi su un'altra diretta a Nevarra. Il risultato è valso tutte le disavventure che ho dovuto affrontare.

L'intero paese è pieno di opere d'arte, dalle statue degli eroi che si trovano persino per le strade dei villaggi più insignificanti, fino alla splendente Università dei Magi di Cumberland. Non credo che esista un luogo più affascinante della vasta necropoli fuori dalla città di Nevarra. A differenza di molti altri seguaci di Andraste, i cittadini di Nevarra non bruciano i loro morti, ma ne conservano con cura i corpi, sigillandoli in elaborate tombe. Alcuni dei cittadini più ricchi iniziano a farsi costruire la propria tomba da giovani, e queste diventano col tempo palazzi incredibili, con tanto di giardini, bagni pubblici e sale da ballo, il tutto avvolto nel silenzio, costruito solo per i morti.

—Tratto da Alla ricerca del sapere: i viaggi di uno studioso della Chiesa, di Fratello Genitivi.

L'impero orlesiano

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Ci sono molti messeri e molte madame a Val Royeaux.

Letteralmente. Una volta, il sistema di titoli nobiliari a Orlais era complicato: c'erano baroni, baronesse, baronetti e baroni superiori e un sacco di altri titoli, ciascuno con la propria origine e i propri metri di paragone. L'aristocrazia orlesiana è antica e assai portata alla competizione. Che lo voglia o no, tutta la nobiltà partecipa al Grande Gioco, come viene chiamato. Si tratta di un gioco che riguarda la reputazione e il patronato, nel quale le mosse vengono eseguite con i pettegolezzi, e lo scandalo è l'arma principale. Non è un gioco per signorine. Il Grande Gioco ha prodotto più sangue di qualsiasi altra guerra combattuta dagli orlesiani, come mi è stato confermato da quasi tutti i gentiluomini locali.

Per quanto concerne i titoli, tutto è cambiato con l'arrivo dell'Imperatore Drakon, fondatore dell'attuale impero orlesiano e della Chiesa. Non esiste personaggio più venerato in tutta Orlais: a Val Royeaux, la statua di Drakon è alta quanto quella di Andraste. Drakon si era reso conto che il Grande Gioco stava spaccando Orlais, così ha abolito tutti i titoli, a parte il suo, quello dei messeri e delle dame.

Mi è stato rivelato, con malcelato divertimento, che questo gesto non ha posto fine al Grande Gioco nel modo in cui pensava Drakon: ora i messeri e le dame hanno raccolto titoli non ufficiali al posto di quelli ufficiali, come "sacro patrono di Tassus Klay" o "zio del campione di Tremmes". Ricordarsi tutti questi titoli è cosa da far girare la testa, e non posso fare a meno di provare una certa pena al pensiero dei poveri uscieri delle sale, che devono scandirli ogni qualvolta un ospite fa il suo ingresso.

L'aristocrazia è diversa da quella del Ferelden anche sotto altri aspetti: il diritto di governare degli orlesiani proviene direttamente dal Creatore. Non esiste il concetto di governare per meriti, né la minima nozione di ribellione. Chi non è nobile, aspira a diventarlo... o, perlomeno, aspira a entrare nelle grazie di un nobile, ed è sempre alla ricerca di un modo per finire sotto l'ala protettrice di un patrono con una posizione migliore nel Grande Gioco.

E poi ci sono le maschere... e i cosmetici: non vedevo così tanto colore dai tempi dei canili di Altura Perenne. Ma questa è un'altra storia...

—Da Oltre le Montagne Gelide, di Bann Teoric dei Colli Occidentali, 9:20 Era del Drago.

I qunari

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Il popolo del Qun è, probabilmente, il più misterioso di tutto il Thedas. Le Guerre Qunari furono indubbiamente brutali, ma lo scisma della Chiesa e la caduta dell'Impero non furono da meno. L'incomprensione spesso nasce da un equivoco di forma: l'aspetto dei cosiddetti "qunari" incute timore. La natura, infatti, li ha dotati di fiere corna e di occhi insoliti, che hanno valso loro la fama di mostri.

Talvolta invece l'equivoco è linguistico: sono pochi i qunari che conoscono la lingua comune, e ancor meno quelli che la parlano correttamente. In una cultura che ambisce alla perfezione, il non eccellere in una certa disciplina è umiliante, e così i qunari preferiscono tacere con i forestieri, per vergogna.

Tuttavia, buona parte dell'equivoco deriva anche dalla cultura stessa. I qunari considerano la propria società come un essere collettivo, un'entità vivente il cui benessere dipende dall'intera comunità. Ciascun individuo è una piccola parte del tutto: ciò che conta non è il bene del singolo, bensì quello comune. Di fatto, i qunari che conosciamo sono quelli appartenenti all'esercito, che il Qun considera come un corpo a sé stante dotato di gambe, braccia, occhi e orecchie per interagire con il mondo esterno. Così come non si può dire di conoscere una persona basandosi sulla forma di una mano o di un piede, allo stesso modo non si può affermare di "conoscere" i qunari se non si sono prima visitate le loro città, dove risiedono la loro mente e il loro spirito.

Infatti, è a Seheron e a Par Vollen che si possono osservare i qunari nella loro interezza, poiché soltanto lì si manifesta appieno il loro essere collettivo. I lavoratori che il Qun definisce "la mente", producono tutto ciò di cui i qunari necessitano. Il clero, cioé "lo spirito", salvaguarda la comprensione del sé e del mondo, oltre a esortare il corpo e la mente a perseguire la perfezione. "Il corpo" agisce da mediatore tra la mente, lo spirito e il mondo. Ciascun individuo rappresenta l'ingranaggio di un meccanismo più complesso controllato dal Qun, dove il singolo garantisce il bene comune. E' un sistema basato sulla certezza e sull'uguaglianza, non sull'individualismo.

—Dagli scritti del veggente di Kont-aar, 8:41 Era Benedetta

Rivain

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In nessuno dei luoghi che ho visitato durante i miei viaggi, nemmeno nel cuore dell'Impero, né per le strade di Orzammar, mi sono sentito uno straniero quanto a Rivain.

Il Canto della Luce non ha mai raggiunto le orecchie di queste persone. Gli anni trascorsi sotto il dominio dei qunari hanno lasciato molti fanatici fedeli al Qun. Ma la resistenza al Canto ha radici più profonde e non si può spiegare solo con la Guerra Qunari. I rivainiani si rifiutano di abbandonare le loro veggenti, donne sagge, a tutti gli effetti maghe solitarie, capaci di comunicare con gli spiriti e di farsi possedere da essi. Il divieto della Chiesa contro tali pratiche magiche viola una tradizione locale millenaria.

—Tratto da Alla ricerca del sapere: i viaggi di uno studioso della Chiesa, di Fratello Genitivi

Sessualità nel Thedas

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È interessante notare che, nonostante la mancanza di una discussione aperta su questioni che riguardano la sessualità umana, l'argomento è piuttosto diffuso tra la gente di tutte le terre andrastiane. Tipicamente, le abitudini sessuali dell'individuo sono considerate naturali e indipendenti dalla procreazione. Solo tra i nobili, dove la procreazione è legata a questioni di discendenza e unione tra famiglie potenti, riveste un'importanza vitale. Tuttavia, perfino in tale ambito, un nobile che ha fatto il suo dovere nei confronti della famiglia può lasciarsi andare ai propri istinti sessuali senza suscitare stupore alcuno.

L'opinione sull'unione tra individui del medesimo sesso varia di territorio in territorio. Nel Ferelden, diventa oggetto di scandalo se ostentata, ma in caso contrario viene ignorata. Nel Tevinter, è considerata un comportamento egoista e deviato tra i nobili, ma incoraggiato tra gli schiavi. In nessun luogo tale unione è proibita e il sesso di qualsiasi genere è considerato passibile di giudizio solo se portato all'estremo o fatto in pubblico.

—Da Alla ricerca del sapere: i viaggi di uno studioso della Chiesa, di Fratello Genitivi

Nani di superficie

Articolo principale: Voce del Codice: Nani di superficie

La società nanica di Orzammar è rigidamente suddivisa in caste formate da casate che si contendono potere e prestigio. Ma questo sistema viene meno quando un nano abbandona la Pietra per salire in superficie. Sotto il cielo sconfinato, tutti i nani sono uguali. O almeno così si dice.

In realtà è difficile dimenticare tanto facilmente delle tradizioni millenarie. Anche se i nani di superficie vengono ufficialmente espulsi dal sistema delle caste, molti mantengono una gerarchia in base alle antiche casate di appartenenza. In superficie i membri delle casate nobiliari, per esempio, ricevono maggiore considerazione dei senza casta che risalgono in cerca di una vita migliore. Qui un nano "nobile" ma povero può guardare dall'alto in basso i nani più ricchi ma di casta inferiore.

L'alta società nanica di superficie si può suddividere in due grandi gruppi: kalna, che insistono nel mantenere il sistema castale (provenendo solitamente dalle famiglie della casta nobile e di quella mercantile), e ascendenti, che preferiscono lasciare le tradizioni di Orzammar nel sottosuolo e iniziare una nuova esistenza in superficie.

Per intere generazioni, i nani di superficie potevano tirare avanti soltanto mantenendo qualche legame con Orzammar. Portare i beni della superficie ai nani nel sottosuolo in cambio di lyrium e metalli non era soltanto il modo più semplice per guadagnarsi da vivere, ma anche una sorta di sacro dovere. Molti nani, infatti, avevano accettato l'esilio in superficie e la perdita della propria casta soltanto per servire al meglio la casata o il padrone. Recentemente molti nani di superficie, specialmente ascendenti, sono diventati ancora più indipendenti. Hanno creato banche, compagnie di mercenari e carovane commerciali, investendo e speculando esclusivamente in superficie. Pur essendosi dimostrate estremamente redditizie, queste nuove attività sono malviste dai nani più conservatori.

Per i nani di superficie meno facoltosi, l'associazione con un potente kalna può aprire molte porte. Così facendo, possono ottenere linee di credito dai nani mercanti e ricevere opportunità di lavoro dalla potente gilda nanica dei mercanti, tutto questo molto più facilmente rispetto a nani più qualificati ma con meno agganci.

—Da Le vedove nella buona società, di Dama Alcyone

La società del Tevinter

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Per coloro che non appartengono all'Impero del Tevinter, è facile immaginare una società composta da maghi, schiavi elfi e poco altro. In verità esistono tre Tevinter e ognuno è un mondo a parte. Ci sono i maghi, ovvero la nobiltà, ossessionati a tal punto dalla competizione per la supremazia da ignorare completamente i nemici della nazione, come i qunari. I beneducati altus deridono i laetan, che a loro volta deridono i praeteri. Gareggiano per la dominazione nel Magisterium, dove le fazioni mutano giornalmente con conseguenze letali, costringendo le famiglie a indossare la maschera del cittadino perfetto o a mettere a tacere gli scandali.

Poi ci sono i cosiddetti soporati, i "dormienti". Sono i cittadini non maghi che superano in numero i maghi veri, ma sono tuttavia assoggettati ai capricci di questi ultimi. In molti disprezzano il proprio status e complottano in gran segreto, sperando che i propri figli posseggano delle abilità magiche: un'opportunità molto allettante, considerando che la magia può manifestarsi perfino in uno schiavo. Nel Tevinter troviamo anche un'importante classe di pubblicani, funzionari civili e capi dei Legionari. Non trascurabili sono anche la classe dei mercanti, così potente da minacciare le altre nazioni del Thedas, e i misteriosi ladri noti come "praesumptor", trattati con grande rispetto.

E poi ci sono gli schiavi. Uno pensa che tra loro si considerino come pari, ma non è così. C'è differenza tra quelli liberi, quelli che fungono da servitori personali dei magister, quelli che lavorano nelle fattorie e nelle botteghe e gli altri servi della società che svolgono incarichi inadatti ai veri cittadini. Una divisione insormontabile, forse attuata per emulare i loro padroni, che rende gli schiavi vittime del medesimo sistema di alleanze, voltafaccia e cospirazioni. Agli occhi dello straniero potrà sembrare una questione da poco, ma per i cittadini del Tevinter le loro classi sociali sono le più mutevoli, nonché le più degne di merito in tutto il Thedas.

—Da Alla ricerca del sapere: i viaggi di uno studioso della Chiesa, di Fratello Genitivi

Il Velo

Articolo principale: Voce del Codice: Il Velo

Detesto la definizione secondo la quale il Velo sarebbe una specie di barriera[5] invisibile che separa il mondo dei vivi da quello degli spiriti (il fatto che si chiami Oblio o Aldilà è una questione di politica razziale sulla quale mi rifiuto di soffermarmi al momento). Non esiste "questa parte" e "quella parte" quando si parla del Velo. Non si può pensare a esso come a una cosa fisica o a una barriera e nemmeno a un "muro luccicante di luce sacra" (grazie mille per l'immagine, Vostra Perfezione).

Bisogna invece pensare al Velo come a una persona che apre gli occhi.

Prima di farlo, vede il nostro mondo com'è ora: fermo, solido, immutato. Quando li apre lo vede con gli occhi degli spiriti: caotico, in continuo mutamento, un reame dove le cose immaginate e i ricordi hanno la stessa sostanza di quelle reali, se non di più. Gli spiriti vedono ogni cosa com'è definita dalla volontà e dalla memoria. Questo spiega il loro senso di smarrimento quando attraversano il Velo. Nel nostro mondo, l'immaginazione non ha sostanza. Gli oggetti esistono indipendentemente da come ce li ricordiamo o dalle emozioni che associamo a essi. Solo i maghi possiedono il potere di cambiare il mondo con le loro menti. Forse è proprio questo che li rende più appetibili ai demoni. Chi può dirlo?

A parte tutto, l'attraversamento del Velo consiste più nel cambiare la percezione delle cose da parte di un individuo che in un semplice passaggio fisico. Il Velo è un concetto, l'atto stesso del passaggio. Ciò che porta a credere che si tratti di una barriera fisica è il fatto che sia gli esseri viventi, sia gli spiriti, abbiano delle difficoltà ad attraversarlo.

—Da Un trattato sull'Oblio in quanto manifestazione fisica, di Mareno, Incantatore Anziano del Circolo dei Magi di Minrathous, 6:55 Era dell'Acciaio.

Vitaar

Articolo principale: Voce del Codice: Vitaar

In seguito a studi approfonditi sugli esemplari di qunari che mi avete gentilmente fornito, posso confermare che i disegni tribali sul volto e sul corpo non sono dedicati esclusivamente a scopi cerimoniali, ma concedono anche benefici pratici. Di sicuro c'è un qualche significato culturale associato ai motivi e ai colori prescelti, ma i qunari non fanno niente senza uno scopo, giusto?

Definiscono questi marchi "vitaar", che nella loro lingua significa "armatura velenosa". Si chiamano così poiché i segni hanno una natura magica, e rafforzano notevolmente la loro pelle senza comprometterne la flessibilità. Le mie analisi dicono che la pittura è composta in prevalenza da veleno. È miscelata a un'altra sostanza (forse sangue, magari dell'individuo stesso) che neutralizza gli effetti benefici, ma il processo funziona solo con la fisiologia qunari. Chiunque altro morirebbe all'istante. A tal proposito, mi servirebbe gentilmente un altro schiavo. Tale processo innesca le proprietà magiche del veleno, che fornisce una sorta di protezione simile a quella delle rune di lyrium.

Il meccanismo di funzionamento e i suoi potenziali utilizzi necessitano di ulteriori indagini. Degli esemplari vivi, in questo senso, sarebbero molto utili.

—Da una lettera scritta da Nameria Origanus, apprendista del Magister Varas, 9:32 Era del Drago

Xenon l'antiquario

Articolo principale: Voce del Codice: Xenon l'antiquario (DAI)

Ho lasciato l'Emporio Nero a mani vuote per due motivi. Primo: quasi tutti gli articoli in vendita non erano per le mie tasche. Secondo: ho dedicato gran parte della mia breve visita a soddisfare la mia curiosità riguardo al proprietario. Ho guardato l'antiquario di soppiatto da dietro pile di libri, tra gli scaffali e, a un certo punto, perfino da un cesto di calzini spaiati. Lui se ne stava seduto, immobile, al centro dell'Emporio, con la pelle cinerea e rattrappita, bofonchiando con una voce talmente ruvida e aspra che sembrava il suono di ramoscelli che si spezzano dopo una siccità.

Una ragazzina di non più di dodici anni correva avanti e indietro per esaudire le sue numerose richieste. Un altro cliente, notando il mio interesse, mi ha confidato che la ragazzina, presumibilmente un'orfanella strappata alla strada, si prendeva cura dell'antiquario. Gli serviva da mangiare, lo lavava e via dicendo. Data la sua età incredibilmente avanzata, oltre all'estrema fragilità della sua pelle, poteva sopportare solo il tocco più leggero della più piccola e delicata tra tutte le sue inservienti.

"Solo così può rientrare in possesso della sua giovinezza perduta", ha aggiunto l'uomo.

Intorno a me vi erano oggetti leggendari, ma nessuno di essi mi affascinava quanto l'antiquario.

—Dalla pagina di un diario trovato nella città oscura di Kirkwall, autore sconosciuto.

  1. Orig. con altri come loro
  2. Orig. Tratto da
  3. Orig. nell'Era della Tempesta, 7:34
  4. Orig,II un secolo
  5. Orig. "cortina"